#HALLOWEEN – CACCIATORI DI FANTASMI, LA NOTTE DELLA DANNAZIONE ETERNA

Questa storia partecipa al XII contest non competitivo Raynor’s Hall [Speciale].
Spero possa piacervi; è un racconto di un paio d’anni fa che non avevo mai finito. Ora l’ho terminato, finalmente.

 

31 ottobre 2004
Notte di Halloween

 

«Ehi Jake, sei proprio sicuro che dobbiamo andarci?»

«Dai Lory, smettila! Tanta paura per cosa? Per quattro muri che nemmeno riescono a stare in piedi?» Il ragazzo di nome Jake scosse la testa, con disappunto. Lory, a disagio, tenne lo sguardo basso sul borsone che stava preparando. «Appunto … e se ci cade la casa in testa?»

«Sei patetico… Non è mica la prima volta che c’intrufoliamo in una casa abbandonata, no?»

Lory scrollò le spalle: «Di pure quello che vuoi Jake, a me non sembra una buona idea.»

«A te non sembra mai una buona idea…» Jake infilò il giubbetto in pelle. «Su, sbrigati!»

«Vabbè, come vuoi. Ma poi non dire che non avevo ragione!» Lory diede un ultimo sguardo al borsone. Torce, la telecamera, la sua canon… c’era tutto. Chiuse la cerniera e si affrettò a seguire l’amico, che era già fuori dalla porta.

«Da quando sei diventato così fifone?» gli chiese Jake, la fronte aggrottata semicoperta da un ciuffo di capelli castani.

«Non sono mica i fantasmi a spaventarmi. È la casa» confessò Lory. Salirono nel furgoncino.

«Bah… se lo dici tu…» Jake avviò il motore. «Secondo me non ti piace più.»

«Eh? Di che parli?» L’auto partì, sgommando, inchiodando Lory al sedile.

«Ma del nostro hobby, no?»

«Sì che mi piace» ribatté Lory.  «È a te semmai che piace un po’ troppo.»

Jake tac que, limitandosi a dare una scrollata di spalle, e la conversazione finì lì.

Per un po’ viaggiarono in silenzio. Il sole stava tramontando oltre le colline e le zone brulle ai lati della superstrada erano inondate di luce rossastra. “Sembra sangue”, pensò Lory. “Sangue ad Halloween. Una bella atmosfera.”

Arrivarono a destinazione che ormai faceva buio. Un’elegante mezzaluna rischiarava il cielo nero e l’aria era fredda. Jake sembrava sempre più eccitato. I suoi capelli, scuri alla luce della torcia di Lory, erano più spettinati del solito. Molto più spettinati. Lory si convinse che quello non doveva essere un buon segno.

La casa, se si poteva chiamarla così, era davanti a loro, oltre un cancello di ferro arrugginito mezzo abbattuto dalle intemperie. Lasciarono l’auto fuori, parcheggiata accanto alla siepe che circondava la casa. Lory prese il borsone, le mani che tremavano. “Perché ho tutta questa paura?” Fece un respiro profondo. Non voleva farsi vedere così da Jake.

Oltrepassarono il cancello senza difficoltà, anche se Lory si strisciò una gamba su un corto spuntone di ferro. Ora la casa si stagliava davanti ai loro occhi. Niente più che una catapecchia, un catasto di legna marcita e di edera che usciva dappertutto. Le finestre erano buchi neri senza balconi né tapparelle, aperti al buio della notte e al freddo dell’autunno. “Inquietante e spettrale come una casa delle streghe”, pensò Lory mentre un brivido gli correva lungo la schiena. Non seppe dire se fosse per il freddo o per l’oscura sagoma della casa abbandonata.

«Jake, dobbiamo proprio entrare?» L’amico non lo degnò della minima attenzione. Era tutto preso dalle sue fotografie. Di solito quello delle foto era Lory e Jake teneva la telecamera, ma stavolta Lory gli lasciò volentieri la sua amata canon. Si sentiva troppo inquieto per preoccuparsi delle foto.

Prima di entrare, Jake propose di visitare anche il retro della casa. Ma fu alquanto deluso. Non c’era nulla, niente di niente. Solo erba alta e quella terribile e scura siepe di contorno.

«Andiamo dentro, qui non c’è niente.» Jake si volse e Lory si affrettò a seguirlo. Ma inciampò in qualcosa. Si chinò a guardare. Nulla, solo quello strano senso d’inquietudine. «Ehi Loris, muoviti!»

Lory toccò il terreno, sfiorò l’erba alta e umida. Nulla di strano. Eppure…

«Loris!»

«Sì arrivo!» Lory corse via, il borsone su una spalla. Ma, prima di voltare l’angolo, si volse indietro, solo per un istante, a guardare per terra.

La porta d’entrata mostruosa. “Assolutamente degna di un film horror”, fu il pensiero di Lory. Un sorriso, invece, decorava il viso forte e duro dell’amico. Fissava i due segni rossi, sbiaditi ma ancora ben visibili, che s’incrociavano formando una grande x sul legno scrostato e mezzo marcio della porta. Ma non era l’unico “particolare” strano. C’era una scritta, in bianco, incisa nel mezzo della croce.

«Lo vedi che c’è scritto Jake?» A Lory tutto questo non piaceva per niente. Avevano fatto quella cosa molte volte e non era la loro prima casa abbandonata. Questa però, era diversa.

«Non sono stupido! Lo so anch’io il latino…»

«E allora? Che dici?»

«Dico che non è nulla Lo… smettila di fare lo stupido.» Anche Jake però, pareva titubante, incerto se entrare o no. O forse si stava solo godendo quel momento prima della follia?

«Dì quello che vuoi Jake, ma ho un brutto presentimento. Non dovremmo stare qui. Dovremmo seguire quel maledetto avvertimento.»

Jake scosse la testa: «È solo una porta, una stupida porta mezza marcia. E quelle sono solo parole. È uno scherzo, solo uno scherzo. L’avrà scritto qualcuno che è stato qui.»

«Infatti… qualcuno che è stato qui» lo incalzò Lory. «E chi? Non te lo chiedi?»

Jake scrollò le spalle: «Non penso che sia importante.» Fece un passo avanti e con un calcio sfondò la porta. All’interno si vedeva solo buio. Un buio più profondo della notte. «Vieni sì o no?»

Lory, rassegnato, puntò la torcia davanti a sé e si costrinse a varcare la soglia. E mentre lo faceva pensava alle parole incise sulla porta.

Quis audiunt hoc limen transire damnatus eterne.
Dannato sia in eterno chi oserà varcare questa soglia.

La porta venne giù al primo colpo. Ci passarono sopra e il legno marcio scricchiolò in un modo alquanto inquietante. Puntarono le torce avanti a loro e avanzarono nel macabro salone d’ingresso.

Le ragnatele invadevano ogni angolo, reti biancastre fitte e intricate che scintillavano alla luce delle torce. Sembravano lì apposta per loro, come fossero trappole per acchiappare le prede.

Lory si guardò attorno; agnatele erano appese anche al lampadario sbilenco in stile gotico, che pendeva dal soffitto e sembrava sul punto di cadere. Attorno al lampadario e su tutti i muri, pareti incluse, c’erano numerose macchie di quella che sembrava muffa. Facendo vagare lo sguardo per tutto l’ingresso, con l’aiuto della torcia, capì che un tempo doveva esserci stata della carta da parati rosa, perché c’era ancora qualche residuo attaccato qua e là nelle pareti.

Lory mosse un altro passo. C’erano un terribile odore di chiuso là dentro, di polvere e sporco. Da quanto non ci veniva nessuno?

Lo squittio di un topolino gli fece fare un salto. Gli cadde quasi la torcia dalle mani. “Maledetti topi!”, imprecò tra sé, il cuore che batteva come un tamburo nel suo petto. Tum , tum, tum, tum. Per un attimo ne ascoltò il rumore, che si poteva sentire nel silenzio di tomba che regnava nella casa, topi a parte.  Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. Vide che Jake stava osservando una parete, a destra e sembrava piuttosto eccitato. Incuriosito, andò da lui. Ma quando vide la scritta sul muro, se ne pentì amaramente. Jake la illuminava con la sua torcia e la fissava a occhi sbarrati. Lory non seppe dire se fosse per la sorpresa o per il terrore. Per quanto lo riguardava, era più terrore che sorpresa.

La cosa peggiore non era la calligrafia sconnessa, disordinata, che sembrava fatta apposta per terrorizzare, ma il colore della scritta. Alla luce delle torce appariva quasi nero, ma Lory era pronto a giurare che fosse sangue.

La scritta diceva:

 

Jacob Smith, Loris Alexander Morgan, avete fatto la vostra scelta. Quella sbagliata. Ora pagherete con la vita e con il sangue.

Un brivido di freddo fece quasi lacrimare gli occhi azzurri di Lory. Ripensò alle parole sulla porta d’ingresso. Dannato sia in eterno chi oserà varcare questa soglia, dicevano. «Io l’avevo detto Jake. Avevo detto che era meglio non entrare.»
Per tutta risposta, l’amico scoppiò a ridere. «Davvero credi a quello che c’è scritto? Allora sei proprio scemo Lory.»

“Ma la porta… e la scritta… E come sanno i nostri nomi?” Gli veniva quasi da piangere. Perché Jake non voleva ascoltarlo? Perché doveva essere sempre così testardo?

«Io…» Lory deglutì a fatica, cercando di ritrovare ancora la voce. Sentiva un nodo alla gola, per la tensione e la paura. «Non so se credo a quello c’è scritto, ma, scherzo o no, non è una bella cosa. Dovremmo andarcene, Jake. Ci sono molte altre case abbandonate da visitare, perché proprio questa?»

Ora Jake non stava ridendo. Guardava a sinistra, gli occhi spalancati. «Jake, che c’è?» L’amico indicò dietro di lui. Lory si volse, ma non vide nulla. Non aveva mai visto l’amico così spaventato. «Non c’è niente Jake. Non mi piace quando mi fai questi scherzi.»

L’altro scosse la testa: «Non era uno scherzo Lo… C’era qualcosa… lì».

«Beh, ora non c’è più. In ogni caso è meglio andarcene.» Per un attimo penso di riuscire a convincerlo a uscire di lì. Poi l’amico sembrò riscuotersi dal terrore. «No, non se ne parla neanche. Siamo cacciatori di fantasmi ok? Quindi dobbiamo trovare i fantasmi e finché non ci saremo riusciti, continueremo a cercare.»

Lory preferì non discutere. Rassegnato, come sempre, obbedì. Tra loro due, il capo era Jake. Le sue decisioni non si discutevano, o almeno non a lungo.

Tornarono verso il centro della sala. Lory non guardò più la scritta sulla parete di destra. Se l’avesse fatto, probabilmente non sarebbe più riuscito a muovere nemmeno un passo.

«Ora che facciamo?» chiese scrutando nel buio. C’erano tre porte, una a destra, che il ragazzo degnò appena di uno sguardo, una a sinistra e una al centro. Tutte marce, mezze distrutte dal tempo. «Dove andiamo?» chiese a Jake, come se lui sapesse qualcosa.

«La porta al centro» disse l’altro senza esitare.

«Perché?»

L’amico scrollò le spalle: «Non lo so, ma ci sarà senz’altro qualcosa, me lo sento.» In lui sembrava essere tornata la stessa eccitazione di poco prima, quando aveva sfondato la porta d’ingresso con un calcio ignorando l’avvertimento.

Lory non ribatté e lo seguì. Si avvicinarono alla porta in fondo, posta perfettamente nel mezzo della sala. Solitamente, ciò che a Lory facevano più paura, oltre le porte, erano le scale. Non potevi sapere ciò che avresti trovato di sopra… Ma in una sala d’ingresso come quella, dove di scale non c’erano, dovette ammettere che le porte erano anche peggio. Cosa poteva nascondersi nel buio, dietro una porta?

Jake posò una mano sulla maniglia. Per un attimo Lory chiuse gli occhi. I cardini della porta cigolarono, uno stridio acuto che gli fece saltare il cuore in gola. E gli regalò un altro brivido, tanto per cambiare. «Dai, scemo, apri gli occhi, non c’è nulla!»

Lory fece come aveva detto Jake. Aprì gli occhi. Oltre la porta si vedeva un lungo corridoio, di cui non era in grado di stabilire la fine. Era stretto e buio, il soffitto coperto di ragnatele che pareva persino più basso. “Sempre più orrendo questo posto”, pensò, guardandosi attorno con ansia crescente.

«Andiamo?» Jake sembrava entusiasta. Lory dovette annuire. Come poteva deluderlo?

Quando l’altro, con gli occhi che brillavano, spalancò la porta, quella cigolò in modo terrorizzante, e mentre passavano oltre della polvere cadde sulle loro teste.

«Ah! Dannazione!» imprecò Jake.

«Che c’è?» Lory represse uno starnuto. “Ha forse sentito qualcosa, oltre alla polvere?” pensò.

«Il mio giubbetto nuovo!» esclamò però l’amico, togliendogli ogni dubbio in proposito. “Giusto, gli spettri non ti cadono in testa”, rilevò, sentendosi stupido per quel timore insensato. Almeno per una volta, Lory si concesse un sorriso. Forse, pensò tra sé con angoscia, sarebbe anche stato l’ultimo.

* * *

12 anni dopo

Margaret e Benjamin si erano appena sposati. Una coppietta felice in cerca di casa per mettere su famiglia.

E cercando, si imbatterono in una villetta abbandonata da anni. Era stata Casa Hermann, Casa Smith, e Casa Lynnberger.

Poi era finita all’asta, ma nessuno l’aveva voluta. Giravano strane storie su quella casa, ma i novelli coniugi White non ci fecero caso e la comprarono.

Quel giorno erano nel luogo per festeggiare l’inizio della ristrutturazione. Al termine dei lavori sarebbe divenuta una villetta magnifica, Margaret White ne era sicura. La prima cosa da fare era eliminare quella dannata scritta dalla porta d’ingresso. Poi tutto sarebbe andato a posto.

Sorrise, guardando il marito che dava le prime disposizioni agli addetti ai lavori. Oh, sì, comprare quella casa era stata una gran, bella idea.

 

Se vi è piaciuto, vi invito a lasciare un commento. Se non vi è piaciuto, vi invito a lasciare lo stesso un commento XD
E magari anche un votino.

E poi, come avete passato Halloween? Meglio di Lory e Jake, spero.

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9 pensieri su “#HALLOWEEN – CACCIATORI DI FANTASMI, LA NOTTE DELLA DANNAZIONE ETERNA

  1. unazzurrocielo

    Bello! Con una buona dose di suspence, scene descritte molto bene (mi sembra di vederla quella casa!)…finale inquietante con il sorriso di lei

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  2. Pingback: Storie del Contest XII [CONCLUSO] | Raynor's Hall

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